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bisnonnoMattina di un crudo inverno anticipato, con la neve che da giorni ricopre tutto intorno ed un pallido sole ovattato dalla foschia a dare certezza della sua presenza senza assicurarne i benefici: fa freddo ed il sole non riscalda l’aria.

Stanotte hai sentito la tramontana fischiare a lungo sul comignolo e giù per il camino e la sua voce ti ha detto che oggi il clima sarebbe stato ancora più rigido anche se non avrebbe nevicato.

Ti avvolgi sempre di più nelle coperte a proteggerti da un freddo che immagini perché nella stanza, dicono quelle che ti frequentano, c’è perennemente un clima da sauna, con il calorifero costantemente acceso a riscaldare le tue fragili ossa di vecchio.

Vengono le donne di casa per aiutarti ad infilare i vari indumenti e dar sicurezza ai tuoi passi incerti sostenendo l’instabilità dell’equilibrio nel viaggio per le varie incombenze mattutine e fino all’approdo, sotto un caldo scialle di lana, nell’ampia poltrona bergere dai braccioli e schienale ben imbottiti posta nella tua tana davanti al caminetto già acceso.

Sono in due, la governante e la cuoca, sotto la soprintendenza di tua figlia che da anni è tornata a prendersi cura della tua vecchiaia, non richiesta, puntualizzi ad ogni circostanza in cui il fatto ti viene rinfacciato per un tuo sgarbo o un gesto di insofferenza alle eccessive premure o alle prescrizioni comportamentali.

Ti infastidisce essere oggetto delle loro attenzioni perché è un evidenziare continuo del tuo stato di dipendenza e reagisci sgarbatamente alle manovre suppletive delle tue incapacità, specialmente con il bottone del colletto che sfugge alle tue dita artritiche e rifiuta di infilarsi nell’asola.

Né manchi occasione per mormorare e se proprio non ce n’è motivo rimproveri il silenzio con cui ti accudiscono.

Soprattutto ti urta la silenziosità operativa di quella megera della governante che esercita ogni comando e facoltà decisionale in virtù di non sai quali meriti o benevolenze, meglio fingi di non sapere perché conosci bene la sua operosità e fedeltà negli anni, da quando nacque in casa dalla nutrice di tua figlia e con questa crebbe.

E poi, quando tua figlia andò via per un amore, rimase con te e crebbe in famiglia, che fu la sua famiglia, sempre accorta ad interessarsi dei tuoi tormenti nei lunghi anni di solitudine, a sostituirti nelle decisioni che tardavi a prendere, a dare indicazioni e risposte a quanti ne aspettavano, a gestire gli interessi che trascuravi, fino a diventare la tua voce e la tua volontà, come se fosse un prolungamento di te stesso, come il figlio che non avevi avuto.

E gli anni passarono e lei crebbe assumendo un ruolo egemonico, interessandosi di tutto e tutto accentrando, sia per quanto riguardava la gestione della casa e delle cose che per quanto atteneva i sentimenti ed i comportamenti.

Ne avevi apprezzato nel tempo le capacità e ne avevi approvato le decisioni, incondizionatamente, ma senza manifestarlo, e lei non aveva mai mostrato alcun segno di insofferenza per questo, né mai aveva preteso un riconoscimento, bastandole solo la consapevolezza del suo valore da cui traeva la facoltà di dire senza remore il suo pensiero su tutte le vicissitudini di casa, fino a rinfacciarti la durezza del comportamento tenuto con tua figlia ogni qualvolta questa aveva scelte o condotte in contrasto con le tue idee e poi quando ne decretasti l’ostracismo perché abbandonò tutto, affetti e luoghi, per seguire il suo uomo in giro per il mondo.

L’avevi cresciuta tua figlia come un maschio, perché un maschio avresti voluto, e quando la mamma vi lasciò per un malanno repentino lei ebbe le attenzioni che si riversano su chi garantisce la continuità.

Le fu detto, le fu dato e le fu fatto fare quello che ritenevi necessario per il compito che doveva assolvere e lei da maschio sviluppò un carattere risoluto ed una libertà di scelta, senza accettare condizionamenti e senza mai cedere alle sollecitazioni ed alle indicazioni che le venivano date per il bene suo, dicevi, ma scegliendo con ostinazione in perfetta autonomia secondo un progetto di vita suo.

Dopo anni di collegio per una istruzione di base volle continuare gli studi universitari per diventare medico ed a nulla valsero le considerazioni che non le serviva un lavoro per guadagnarsi la vita, né poterono i pareri sull’opportunità di un diverso corso di laurea, più femminile, che consentisse di svolgere l’attività vicino casa, perché con caparbietà, nonostante rifiuti e minacce, costrinse ad accettare la sua scelta, dovuta, diceva, a lottare la morte che le aveva portato via la madre.

E per questo rimase sempre lontana, prima per il corso di laurea e per la specializzazione e poi, incontrato un giovane diplomatico straniero, rinunciò a tutto per sposarlo e seguirlo nelle sue peregrinazioni.

Ah! Quante imprecazioni e quanta rabbia accompagnarono la sua scelta, quanto rinfacciare ingratitudine ed abbandoni, quanto pianto e disperazione nelle notti di solitudine, accorto a non far trapelare notizia a chi era vicino, fino al punto da proibire che in casa si pronunciasse il suo nome, che si ricordasse la sua esistenza.

E passò il tempo e mai rispondesti alle lettere con cui t’informava della sua vita, della nascita dei figli, dei suoi spostamenti.

E mai ti arrendesti nel tuo rancoroso risentimento alle sollecitazioni ad avere un comportamento confacente di padre, che tale eri e saresti stato per sempre, anche tuo malgrado, per come ti rimproverava la governante la quale, in sostituzione, teneva costanti rapporti epistolari e con perfidia, le rinfacciavi, ti comunicava notizie quando lo riteneva, sfidandoti a mandarla via e sapendo che non lo avresti fatto mai perché era l’unica testimonianza del tuo passato, era la famiglia che ti era rimasta.

E così accadde che negli anni che passavano ti sorprendesti a spiare l’arrivo del postino e l’attesa di notizie fino a quando la benedetta non riteneva di lasciare con finta noncuranza le lettere aperte in bella mostra in un posto evidente del tuo itinerario.

Tu però sapevi quello che tua figlia le diceva, ma non quello che a lei scriveva, per un sospettabile accordo tra le due a non accennare a te nelle risposte, e quando ne chiedevi motivo ti rispondeva con acrimonia di scriverle tu, così l’avresti sostituita.

Solo un giorno la lettera tardò a comparire; te la portò con una evidente aria addolorata per comunicarti che era morto il marito di tua figlia, tuo genero, disse con forza e con astio, e vedendoti turbato per la repentinità e la crudezza della notizia ti impose di scrivere per manifestarle la tua partecipazione al dolore. “Ora e subito”disse. Ed aggiunse: “ Non ho più l’età e la pazienza per sopportare i capricci di chi, ormai con i piedi nella fossa, incapace di alcunché, si nutre solo di acredine e di risentimento”.

Ma eri veramente addolorato, per la prima volta ricevevi notizie dolorose della figlia, ne percepivi la sofferenza, e cedesti scrivendo della tua partecipazione al suo dolore, della tua incapacità di esserle di ausilio nella sua lontananza, della mortificazione che provavi a non aver mai voluto conoscere colui che la era vissuto sempre accanto e dell’astio nutrito nei suoi riguardi per averti rubato la figlia.

Prima di spedire la lettera la governante pretese di leggerla e naturalmente ti rimproverò il richiamo all’astio, ma non insistette perché lo eliminassi, tanto, disse, è una garanzia di autenticità e da te non ci si può attendere dolcezza visto che mai ne hai avuto.

Fu così che cominciò un breve rapporto epistolare con tua figlia, concluso con il suo ritorno preparato in combutta tra le donne ed a tua insaputa.

Al suo arrivo l’accogliesti con un abbraccio ed un pianto di commozione e di gioia, ma fu cosa di breve durata, che presto riprendesti a manifestare la tua natura di scorbutico alimentandola con la constatazione di quanto affetto ti era mancato negli anni della sua lontananza.

La cuoca no, la cuoca è come se non esistesse, non ha opposizione alcuna alle tue intemerate; il massimo è uno sguardo con gli occhi chiari senza espressione ed una maggiore energia nei gesti a sottolineare la differenza tra chi esercita supremazia e chi è sottoposto. Né quando le rimproveri le brodaglie senza sale e stracotte che ti somministra ha risposte per te, ché raramente accenna una litania e ti lascia.

Sei prigioniero delle tante attenzioni, dei suggerimenti, dei consigli e pareri, che ti tolgono ogni capacità decisionale e come da rituale borbotti contro tutti per questo trattamento da tutrici.

Oggi però senti che c’è qualcosa di diverso nell’aria, un certo nervosismo, meglio, una sorta di imbarazzo ed una accondiscendenza inusuale che tua figlia dimostra alle richieste più varie che avanzi per non restare solo nella tua tana.

Non osi chiederne motivo all’interessata, ma ne domandi ripetutamente alle altre per sentirti sempre rispondere che non c’è nulla di nuovo e che è solo una tua impressione; sarà perché siamo quasi a Natale ed ancora nulla è stato approntato, avanza qualcuna.

A pranzo le donne sono più ciarliere del consueto e si scambiano parole sull’opportunità e sul momento di cui nonostante il massimo impegno non ti riesce di cogliere il senso; poi è la governante, naturalmente, a superare l’impasse e rivolta a te ed alle altre dice: “ È inutile menarla alla lunga, né è notizia che possa dispiacere anche ad uno scorbutico: stasera arriverà un tuo pronipote e starà con noi per un certo tempo”.

La cosa ti sorprende e d’istinto, senza aver tempo di riflettere e scegliere un comportamento adeguato al tuo ruolo di brontolone, domandi: “ E chi è?”.

È tua figlia che si affretta a rispondere, temendo una tua abituale presa di posizione di contrasto: “ Papà, è il figlio di mia figlia, tua nipote, che è venuto qui per un approfondimento e specializzazione del suo corso di laurea. Resterà con noi alcuni giorni e poi si dirigerà nella città per i suoi studi.

Ho ritenuto invitarlo a venire perché voglio rivederlo dopo anni, l’ho lasciato che era un ragazzo, e perché penso sia bene che veda anche te che sei le sue radici e tu veda lui che è pure frutto tuo.

È un giovanottone ricco di entusiasmi che contrariamente ai desideri paterni si è laureato in scienze umanistiche ed intende continuare con una docenza universitaria, per questo ha necessità di approfondimenti qui, da noi.

Spero non ti dispiaccia e scusami se non ti ho informato prima, ma temevo un tuo dispettoso rifiuto al quale di certo mi sarei ribellata per andare io da lui.

C’è poi da dire che a me fa enorme piacere di fargli vedere la casa dove sono nata e le cose che sono state il mondo in cui ho vissuto la prima parte della mia vita, di fargli ascoltare il dialetto e conoscere attraverso il ricordo delle persone il mondo di queste pietre.

E chi meglio di te può farlo?”.

A te non è che dispiaccia che venga in casa un altro uomo a vincere la tua solitudine di specie, e poi te lo rende istintivamente simpatico il fatto che si sia ribellato al padre quasi a vendicare la tua sofferenza per un’altra scelta lontana nel tempo, ma hai tutto un passato di bastian contrario che non puoi rinnegare accogliendo la notizia con bonomia per cui non dai risposta e ti limiti a borbottare parole di disappunto lamentando a mezze frasi di essere sempre tenuto all’oscuro di tutto, come l’ultimo della casa mentre, sia chiaro, sei sempre il padrone e le tue decisioni debbono avere preminenza.

Alle tue parole non si fa attendere l’intervento della governante: “ E già, ci vuole l’autorizzazione preventiva per ogni cosa!

Abbiamo commesso un reato di lesa maestà, anzi l’ha commesso tua figlia invitando a casa sua, ché questa è casa anche sua, il nipote che viene a trovare lei ed il catanannu.

Adesso che hai fatto la tua solita sparata mettiti l’anima in pace e comportati da persona dabbene; accogli come si deve il ragazzo e ricordati che è tuo nipote ed ogni affronto fatto a lui è fatto soprattutto a tua figlia”.

Mentre ti alzi per tornare alla tua postazione davanti al camino, per non lasciare a lei l’ultima parola chiedi a tutti ed a nessuno: “ E dove lo fate dormire questo ragazzo? Che non abbia freddo!”.

Sorprendentemente le tue parole non destano eco.

Accompagnato da tua figlia raggiungi la comoda bergere e mentre ti sistema lo scialle attorno alle gambe dice: “ Papà non preoccuparti delle cose di casa e non pensare che ci venga fastidio; siamo tre donne anche se non più giovani e possiamo benissimo sobbarcarci un’altra presenza. E poi si tratta di alcuni giorni.

Tu piuttosto riposati e pensa a farti il solito sonnellino pomeridiano”.

Si allontana, ma la raggiunge la tua precisazione: “ Che solito e solito sonnellino! Chissà come sarà successo qualche volta: io non dormo nemmeno la notte”.

Sarà passato del tempo, quanto non riesci a determinarlo, forse ti sarai addormentato; fuori dalla finestra c’è il buio ed un suono distante di voci incomprensibili frammezzato da risate ti perviene appena.

Non fai in tempo a concludere che di certo è arrivato il ragazzo che tua figlia ti raggiunge e raggiante ti conferma la notizia. Poi propone: “ Papà, lo accompagno qui, per salutarti?”.

Non sia detto”, rispondi. “ Verrò io di là ad accogliere l’ospite! Sono il padrone di casa! Ma, dimmi, come farò a capire quello che dice? Va bene, ci sei tu che lo capisci”.

Non aspetti risposta; fai forza sui braccioli per alzarti e subito vieni fermato: “ Aspetta che ti sistemi un poco, papà, che provveda a dare una acconciata ai vestiti ed ai capelli che spuntano sotto la papalina”.

Hai fretta e la solleciti; se potessi correresti a vedere questo ragazzo che viene da un altro mondo, un giovane in un ambiente invaso dalla vecchiaia, finalmente una novità nel tuo abitudinario.

Poi, sostenuto e poggiato sul bastone, cercando di erigerti quanto più possibile, fai il tuo ingresso nel salone e lasciando ogni sostegno, aperte le braccia e con voce quanto più ferma possibile dai il tuo saluto: “ Benvenuto nella tua casa, nipote mio!”.

Ti raggiunge in due passi, ti stringe sollevandoti da terra, ti bacia sonoramente sulle guance e ti dice: Catanannu, catanannu miu carissimu!”.

Parla il tuo dialetto, ti sorprendi a pensare, e guardi attonito attorno interrogando con gli occhi le donne che prima si sono intrattenute con il giovane.

Interviene tua figlia che invita il nipote a non strapazzarti troppo, sei sempre un vecchio, ed alle tue proteste, dopo avervi invitato a sedere, chiarisce: “ Conosce un poco di dialetto appreso da me e dalla mamma nelle conversazioni di famiglia; invece parla bene l’italiano che ha imparato da bambino e perfezionato negli anni perché gli serve per i suoi studi”.

Presto restate soli, le donne sono chiamate alle loro incombenze e tu nell’imbarazzo della situazione non sai quali argomenti affrontare, ma dura poco l’impaccio perché lui risolve raccontandoti del desiderio di venire in paese nutrito sin dall’ infanzia per i racconti della nonna pieni di nostalgia, delle sue descrizioni di avvenimenti , persone e cose cariche di pathos, del suono delle parole dialettali con le quali sottolineava momenti ricchi di emozioni.

Lui parla e ti chiede e tu accenni a qualcosa, precisando alcuni aspetti delle notizie che ha, ampliando delle situazioni con particolari, precisando ambientazione locale di vicende, descrivendo persone ed oggetti.

Passa il tempo in fretta e venite interrotti dalla sollecitazione delle donne per la cena.

Trascorrono in fretta i giorni; tu hai parlato tutto il tempo di te, dei tuoi antenati fino a quando ne hai memoria; gli hai consegnato la tua storia, quella della casa, delle proprietà, e lui ha scritto nella mente le tue parole.

Per fargli vivere le parole lo hai accompagnato, ancorato al suo braccio, per le varie tante stanze mostrandogli i luoghi e le cose; siete saliti nella soffitta piena di ricordi e scesi nelle cantine custodi di attrezzi.

Ti sei sentito protagonista di ogni momento vissuto insieme, soggetto degli avvenimenti; gli hai detto e fatto fare quello che hai voluto recuperando piena autonomia decisionale, autostima; con lui hai ritrovato entusiasmo e non ti sei più sentito solo oggetto di cure e premure delle tue donne, ma soprattutto hai vissuto con tuo nipote nella consapevolezza che sarà lui che prolungherà nel tempo la tua vita.

È passato in fretta il tempo; le donne parlando tra di loro concludono: “ È stata una settimana di pace. Il ragazzo ha dato uno scopo al tempo del vecchio ed abbiamo avuto modo di vivere nell’armonia”.

Parte il nipote e nell’abbracciarti ti assicura: “ Tornerò, tornerò ancora, nonno, ho tanto da stare qui per sentire altro; per avere coscienza di un lungo passato. Tu prometti di aspettarmi!”.

E gli prometti: “ Ti aspetterò! Dove vuoi che vada!”. E pensi ad una partenza definitiva che speri tardi e ti dia modo per tornare ad incontrarlo e continuare con lui il dire di te, dei tuoi, dei tuoi progetti da portare a compimento, delle tue cose, della tua casa, del tuo paese.

Poi a sera, quando per cena ti riportano la solita minestrina sciapita, protesti: “È finita la festa ! Siamo tornati alla solita brodaglia”.

Sì, è finita la festa.! Torniamo al solito!.”Concludono le donne.-

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